Con l'interpello n° 956-39/2018 l'Agenzia delle Entrate della Lombardia ha chiarito moltissimi punti relativi alla fiscalità del Bitcoin e delle altre criptovalute, punti che fino ad allora erano oscuri, poco chiari ed incerti. Vediamo quindi nel dettaglio cosa afferma questo interpello.

Tuttavia prima bisogna ricordare che un interpello ha meno valore di una circolare, la quale a sua volta ha meno valore di una legge, ed inoltre un interpello posto all'Agenzia delle Entrate da un contribuente vale solo per il contribuente che l'ha posto e per di più non è vincolante per lo stesso.
In ogni caso, considerato che non esistono leggi specifiche sulla fiscalità delle criptovalute, considerato che nell'interpello è stata condotta un'analisi molto approfondita ed esaustiva relativamente a tutti gli aspetti della fiscalità delle criptovalute, considerato che lo stesso interpello assimila le criptovalute alle valute estere (come già stabilito dalla Direzione Centrale Normativa dell'Agenzia delle Entrate con la Risoluzione del 2 settembre 2016 n. 72/E), si può ragionevolmente ritenere corretto applicare i contenuti di questo interpello nella fiscalità delle criptovalute, in quanto è molto probabile che eventuali successivi interpelli, circolari o leggi ricalcheranno l'impostazione contenuta proprio in questo interpello.
1) Le criptovalute sono da dichiarare e sono soggette ad una tassazione patrimoniale?
Per quanto riguarda la dichiarazione delle criptovalute, la risposta è dipende, perchè ci sono principalmente due casi.
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Criptovalute detenute presso un intermediario residente: se i bitcoin e le altre criptovalute sono detenute presso un intermediario residente in Italia non vanno dichiarate, in quanto il Fisco è in grado di sapere autonomamente se abbiamo delle criptovalute o no.
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Criptovalute detenute al di fuori di un intermediario residente: i bitcoin e le altre criptovalute vanno dichiarate qualora si detengano presso un intermediario risiedente all'estero oppure qualora si detengano in Italia al di fuori del circuito degli intermediari residenti, ai sensi dell’articolo 4 del decreto legge n. 167 del 1990 e della circolare del 23 dicembre 2013, n. 38/E (paragrafo 1.3.1.). Per cui, sulla base di quanto affermano questo decreto legge e questa circolare, bisogna dichiarare le criptovalute sia che si detengano presso un intermediario risiedente all'estero (ad esempio un exchange wallet con sede negli Stati Uniti) e sia che si detengano presso un wallet (portafoglio elettronico) gestito personalmente dal contribuente, come ad esempio un paper wallet, un hardware wallet, un desktop wallet, un mobile wallet, un web wallet; insomma tutti i possibili wallet.
In particolare, i bitcoin e le altre criptovalute vanno dichiarate nel quadro RW della dichiarazione dei redditi, indicando alla colonna 3 ("codice individuazione bene") il codice 14 – "Altre attività estere di natura finanziaria" dichiarando il controvalore in euro delle criptovalute al 31 Dicembre del periodo di riferimento. Questo controvalore va calcolato al cambio indicato a tale data sul sito dove il contribuente ha acquistato la criptovaluta/le criptovalute. Gli anni dopo, bisognerà continuare a indicare il controvalore detenuto al 31 dicembre di ciascun anno o alla data di vendita nel caso di criptovalute vendute durante l'anno.
Infine, per quanto riguarda il discorso sulla tassazione patrimoniale delle criptovalute, la risposta è no, in quanto le criptovalute non sono soggette all'IVAFE, ovvero l’imposta sul valore dei prodotti finanziari, dei conti correnti e dei libretti di risparmio detenuti all’estero dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato, in quanto tale imposta si applica solo ai depositi e ai conti correnti di natura bancaria.
2) I guadagni derivanti dalla vendita di criptovalute sono da dichiarare e sono soggetti a tassazione?
Dipende, perchè anche per questo punto ci sono principalmente due casi.
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Guadagni derivanti da cessione a termine di criptovalute e CFD: per cessione a termine si intende una transazione in cui lo scambio di una valuta contro una valuta differente non è immediato bensì è differito ad una certa data futura (ad esempio i futures sul bitcoin sono un esempio di cessione a termine di criptovalute). I CFD invece sono dei contratti finanziari derivati che non prevedono la consegna del bene a cui si riferiscono, per cui la transazione, ovvero lo scambio, non ci sarà mai, nel senso chi acquista CFD di bitcoin in forza di questo contratto non detiene fisicamente e mai deterrà bitcoin. Quindi chi acquista CFD lo fa per guadagnare dalla differenza tra il prezzo di acquisto e il prezzo di vendita, in questo caso del bitcoin.
Premesso tutto ciò, qualora si generino delle plusvalenze, o delle minusvalenze, derivanti da cessione a termine di criptovalute o derivanti da cessione di CFD di criptovalute, queste sono sempre da dichiarare e sono soggette a tassazione. Per determinare l'esatto importo da dichiarare, sia esso una plusvalenza o sia esso una minusvalenza, ai sensi dell’articolo 68, comma 8, del TUIR, la determinazione dell'imponibile è data dalla somma algebrica dei differenziali positivi o negativi nonché degli altri proventi od oneri, percepiti o sostenuti, in relazione a ciascuno dei rapporti.
Una volta calcolato, l'importo va dichiarato nel quadro RT della dichiarazione dei redditi ed è soggetto ad imposta sostitutiva con aliquota del 26% (ovviamente l'importo verrà tassato solo in caso di plusvalenza, in quanto la minusvalenza non viene tassata).
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Guadagni da cessione a pronti: per cessione a pronti si intende una transazione in cui si ha lo scambio immediato di una valuta contro una valuta differente. Ovviamente questo è il caso più normale e frequente. Le plusvalenze, o le minusvalenze, derivanti dalla cessione a pronti di criptovalute sono da dichiarare e sono soggette ad imposta sostitutiva con aliquota del 26% solamente se nel periodo d'imposta le criptovalute cedute derivano da wallet, ovvero portafogli elettronici, il cui valore è superiore a 51.645,69 Euro per almeno sette giorni lavorativi continui, ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c-ter) e del comma 1-ter del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR).
Premesso tutto ciò, per sapere se bisogna dichiarare qualcosa quindi bisogna innanzitutto sapere se durante l'anno si è superata tale soglia. Come si calcola tale soglia? Bisogna sommare il valore di tuttte le criptovalute che si possiedono nei vari wallet, considerando per ciascuna criptovaluta il valore in euro del 1 gennaio del periodo di imposta. Questo prezzo va rilevato sul sito dove si è acquistata la criptovaluta o, in mancanza, va rilevato sul sito dove si effettuano la maggior parte delle operazioni.
Se non si è superata la soglia di 51.645,69 Euro allora non si dovrà dichiarare nulla (e quindi non ci sarà alcuna tassazione sulle eventuali plusvalenze realizzate), il che vuol dire però che non si potranno neanche dichiarare le eventuali minusvalenze realizzate (e quindi non si potranno portare in deduzione).
Se invece si è superata la soglia di 51.645,69 Euro, per determinare l'esatta plusvalenza, o minusvalenza, da dichiarare si deve utilizzare il costo di acquisto della criptovaluta ed inoltre si devono considerare cedute per prime le valute acquisite in data più recente (criterio L.I.F.O, comma 1-bis dell'articolo 67 del TUIR). Inoltre, nel caso in cui si siano ricevuti bitcoin o altre criptovalute a titolo gratuito, il costo iniziale da considerare è quello sostenuto dal donante (comma 6 dell’articolo 68 del TUIR).
Una volta calcolato, l'importo va dichiarato nel quadro RT della dichiarazione dei redditi ed è soggetto ad imposta sostitutiva con aliquota del 26% (l'importo verrà tassato solo in caso di plusvalenza, in quanto la minusvalenza non viene tassata).
Queste in sintesi sono le linee guida per la fiscalità sulle criptovalute. Linee guida che è importante seguire e rispettare per non farsi trovare impreparati sulla tassazione sul bitcoin e sulle altre criptovalute.
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